ARMI

Ashiko

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Suole in metallo provviste di quattro ganci usate dai ninja per arrampicarsi.

Bokken (boken)

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“Sciabola in legno”, generalmene lunga 1,05 m costruita a imitazione della Katana con legno duro della quercia rossa (Akagi) o bianca (Shiragashi), col legno del nespolo (Biwa) o in ebano (Kokutan). Il Bóken si utilizza in maniera analoga alla Katana. Si racconta che Miyamoto Musashi uccise Sasaki, utilizzando un Bóken ricavato dal ramo di un albero. Il Bóken viene anche chiamato Bokutó.

Katana

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sciabola leggermente curva (col filo sulla parte convessa), utilizzata soprattutto a partire dall’epoca Ashikaga (1333-1474). Da quel periodo costituì l’armamento tipico dei Bushi e in particolare dei Samurai, che la portavano inserita nella cintura (Obi), assieme alla sciabola più corta, il Wakizashi. La Katana, quando era portata alla cintura, aveva il filo della lama rivolto in alto. La sua lama misurava più di 61 cm di lunghezza, mentre quella del Wakizashi variava dai 31 ai 61 cm. La Katana era l’arma da combattimento per eccellenza, la cui caratteristica di sacralità era conclamata dal fatto di provenire dalla fucina di celebri forgiatori che, nella maggior parte dei casi, erano anche preti Shintó. L’insieme delle due sciabole portate dai Samurai, indipendentemente dal rango, era chiamato Daishó (grande e piccolo). I Samurai, quando facevano visita a un amico, depositavano la Katana su un apposito supporto all’entrata dell’abitazione; era però loro consentito di portare il Wakizashi. Alla presenza dell’imperatore o dello Shógun, i Samurai dovevano depositare entrambe le sciabole all’ingresso della sala d’udienza. La Katana si compone essenzialmente di una lama (Tó), di un’impugnatura (Tsuka), di un fodero (Saya) e di un guardamano lavorato (Tsuba). Le tecniche di forgia e di tempra della lama erano gelosamente custodite dai maestri forgiatori, però sappiamo che la lama veniva generalmente lavorata a sandwich, in cui a uno strato di ferro dolce si alternava uno di duro acciaio. Il tutto, più volte martellato e forgiato, subiva numerosi processi di tempera, avendo cura di proteggere il filo (Ha) della lama con dell’argilla, che vi lasciava impressi dei caratteristici disegni ondulati. Il perfetto bilanciamento della lama era assicurato dal peso della guardia (Tusba), anch’essa forgiata in ferro. All’occorrenza, i Samurai potevano sostituire questa guardia originale con un’altra, dello stesso peso, fabbricata appositamente per loro da un orefice. L’impugnatura era costituita da due parti in legno collegate da due perni (Menuki) e ricoperta di pelle di squalo (Same) legata da un filo strettamente intrecciato. Anche il fodero (Saya) era costituito da due pezzi di legno laccati o lussuosamente decorati, con un anello in corno all’imboccatura della Saya . Su un lato del fodero era posto un anello in cui si faceva passare un cordone (Sageo) per impedire alla sciabola di scivolare dalla cintura.

Nunchaku 

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piccolo flagello con due parti unite tra loro da una corda o da una catena. Esso, conosciuto anche col nome di So-setsukon, serviva per battere la paglia di riso. I contadini di Okinawa trasformarono questo strumento agricolo in un’arma di tutto rispetto, elaborando numerose tecniche estremamente efficaci anche nei confronti di avversari armati di Katana. L’arte del Nunchaku venne fatta conoscere in Occidente dai film di Bruce Lee e attualmente il maneggio dì quest’arma fa parte dell’insegnamento delle arti marziali, rientrando tra le specialità insegnate nel Kobudó. I Nunchaku, attualmente impiegati per difesa o per allenamento, sono costituiti da due bastoncini di legno, a sezione cilindrica od ottagonale, unita con una catenella fissata con perni rotanti. Per l’allenamento si usano Nunchaku di caucciù o di plastica ricoperti di gomma spugnosa.

Sai 

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(Guardia), un tempo usato dai contadini di Okìnawa per difendersi contro le sciabole dei Samurai o dei briganti. Durante l’epoca Edo (1603-1868) una coppia di Sai era in dotazione della polizia dello Shógun. Con essa le guardie potevano facilmente parare fendenti di Katana e spezzarne la lama saldamente imprigionata tra i rebbi dei tridenti. La parte principale (lama) del Sai (che può essere appuntita per divenire arma da stocco) doveva essere lunga quanto l’avambraccio del suo utilizzatore. Una specie di Sai con la guardia composta da un solo uncino, viene detta jitte (o Jutte).

Shinai 

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sciabola (spada) d’allenamento consistente in quattro lamelle di bambù, levigate e unite tra loro, con un’impugnatura (Tsuka), una guardia (Tsuba in cuoio e un pugnale (Sakigawa) anch’esso in cuoio, utilizzato nel Kendó. E’ opinione diffusa che lo Shinai sia permeato dallo “spirito” della Katana e, come tale, deve essere trattato con il dovuto rispetto.

Shuriken 

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armi da lancio giapponesi di diversa forma (coltelli, stelle eccetera), un tempo utilizzate dai Ninja, costruite in acciaio con punte acuminate e bordi affilati. Di modeste dimensioni (da 5 a 10 cm di diametro), essi venivano spesso lanciati in gruppi di 3 o 5 contemporaneamente, causando sovente delle gravi ferite, che risultavano mortali nel caso in cui gli Shuriken fossero stati intrisi di veleno. Le armi da lancio a forma di stella venivano dette Shaken, quelle a forma di pugnale Bó-shuriken, mentre gli Shaken piatti e stellari, con un foro centrale, erano chiamati Semban-shaken. I piccoli aghi d’acciaio, che alcuni Ninja tenevano in bocca, per poi lanciarli negli occhi dell’avversario, venivano detti Fukumi-bari. L’arte di lanciare gli Shuriken costituiva lo Shuriken-jutsu.

Tonfa

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stretto bastone in legno duro, lungo dai 45 ai 60 cm, con un piolo infisso perpendicolarmente a circa 3/4 della sua lunghezza, per permettere una salda presa dell’attrezzo, utilizzato soprattutto in agricoltura per praticare piccoli buchi nel terreno in cui piantare tuberi e rizomi, oltre che per schiacciare i semi di soia e mondare il riso. Questo strumento era impiegato dai contadini di Okinawa per proteggersi gli avambracci dai fendenti di sciabola e, facendoli roteare con movimento frustante attorno al piolo, se ne servivano anche come valida arma offensiva con cui assestare micidiali tecniche di percossa difficilmente parabili. Quest’arma, utilizzata sempre in coppia (una per ciascuna mano) fu oggetto, a Okinawa, di approfonditi studi tecnici sul suo maneggio, soprattutto a partire dal XVII secolo, epoca in cui più spietata si fece sentire la dominazione giapponese.

Kusari 

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(Manriki-gusari) “Catena dai 10.000 poteri”. Catena in ferro di lunghezza variabile (da 0,70 fino a 4,0 m) che termina, alle estremità, con due pesi di metallo. Essa fu “inventata” nel XVII secolo da Masaki Toshimitsu, capo delle guardie di una delle porte di Edo, per sventare gli assalti dei briganti e dei Ronin armati di Katana, senza dover spargere sangue inutilmente uccidendoli. Il Manriki-gusari viene utilizzato con movimenti rotazionali alla maniera delle bolas argentine. Esso poteva essere facilmente occultato fra le pieghe dei Kimono ed era in grado, tenuto a due mani per le sue estremità, di neutralizzare anche un fendente di sciabola.

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